Il progettino

Voi il post e io le foto.

2005-05-03

Porta aperta



Un inedito della Scribacchina

Avrei voluto scrivere sulla febbre, un divertissement per misurarmi con Dostoevskj o piuttosto Baudelaire. E giravo per la casa, insonne, le labbra serrate, una mano sulle labbra; l’aspirina sommessamente bolleggiava in un bicchiere verde. Non le so contare le pecore, io. Adesso sono spaventate, perplesse da silenzi che via via s’ingrandiscono. Cercavo la musica necessaria, lo sfondo sul quale tessere il pensiero; il cuore gonfiava, messo nell’angoletto a frignare, a sommare i fatti, a tergiversare nella fisica quantica di un affetto finito… Le luci spente, una striscia di luna piena vera dalla finestra; fuori il gelo assoluto, la détresse. Lo spazio tra me e te si è trasformato, è solido, è un luogo di doppia meditazione, dove nessuno di noi può più dire altro. Le labbra serrate, una mano in gola. Dovevo uscire, o bruciare.

Ho delle pietre, in tasca al cappotto. Cosa sono se non metafora dei resti, del rimasto. In fondo, mi dico mentre scendo le scale, nulla è durevole; tutto raggiunge un culmine e poi cambia. E’ la vita. Strisce di luce colorata scappano dalle macchine e dai camion, fluttuano dai bar aperti. Una confusione che mi fa chiudere gli occhi. Tutto è spento sulla tangenziale, sull’autostrada, sulle consolari. Vai, Mozart: “Ah, soccorso…” Parto, ed è come togliersi un fiocco di polvere dalla spalla: è stringersi a sé, e sotto questo peso cinetico mi lavo dal rancore…

Perché ho camminato con te, dividendoci un trancio di pizza infinito di giorni e parole.
Ci vedevamo dalle punte delle ciglia, era vero sguardo, io ti sapevo.
E adesso hai scelto un altro ramo dello scambio, ti vedo andare, la tua motrice va sotto la pioggia.
Conserverò la scia.
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