Il progettino

Voi il post e io le foto.

2005-05-03

Ciò che sei nel tempo che hai



Commento fotografico al post di Mr. White

E' possibile concentrare tutta una vita in un solo istante? Concentrarla come il punto immateriale in cui risiedeva - compresso, nascosto - tutto l'universo prima del big-bang? Se fosse possibile, allora in quel momento sarebbe condensato tutto il potenziale di una persona. O - chissà - di tutte le persone.
Elena ha 21 anni, una collezione di fumetti giaponesi, un figlio di undici mesi, un gatto nero e un mutuo; pensa esattamente queste parole

"Qualcosa ci trascina via."

quando scopre che il padre di suo figlio - nuova etichetta da attaccare e staccare con il velcro su un ex-amico, ex-amante, ex-compagno, neo-bastardo - se n'è andato dal loro castello, appartamento in subaffitto sopra una ricevitoria in periferia. Dov'è la sicurezza, dov'è il controllo, quali sono i punti fissi a cui ancorare una qualsiasi parvenza di sanità? In quel momento si sente spezzata, sola non solo in quanto isolata dagli altri, ma in quanto separata dai propri singoli frammenti.

"La mia anima è un popolo nomade e diviso, disperso in una terra desolata."

Due mesi dopo, suo figlio piange, nella culla. E' un pianto sommesso, tranquillo, come una specie di protesta ragionata. Sorprendente quanto un pannolino bagnato faccia sembrare ovvio e inutile qualsiasi altro ragionamento più elevato. Elena lo cambia, con gesti misurati che sanno d'abitudine. Sei anni prima, su di un banco di liceo, pensa che la questione sollevata da Hume sulla causalità fosse davvero importante; quattro ore più tardi, di fronte al suo ragazzo che l'abbraccia per la prima volta, la sua mente si fa spoglia di ogni pretesa, e diventa un caotico luna-park di sensazioni al neon. Impossibile e irrelevante registrarle. Ma.

"Cercare di non perdere questo istante è come contare gli uccelli di uno stormo guardandolo."

E' come non coglierne il senso. Undici anni più tardi, le torna in mente questa frase. Ad una fermata d'autobus, fissa un vecchio manifesto di un concerto già dimenticato. La cover-band aveva suonato quella canzone, che diventa la sua insperata madeleine proustiana: una stupida canzone da primo amore le riaccende quel luna park abbandonato. Poi, a cascata, altri pensieri: quel tempo è perduto? Era questa la sensazione di già vissuto che Proust anelava nella Recherche? Vivere ancora, rivivere... le madeleine... e ne "La donna che visse due volte", il personaggio di Kim Novak, non si chiama proprio Madeleine? Dove si trova il limite tra ciò che ho vissuto, e ciò che vivrò?

"Se fossi il personaggio di un libro, cosa potrei capire delle pagine da cui prendo vita?"

Se si dovesse condensare tutta la vita di Elena in un singolo istante, bisognerebbe scegliere un afoso venerdì pomeriggio estivo. Elena è in vacanza, seduta sulla veranda di casa, si sta mettendo lo smalto alle unghie dei piedi. Ha quasi finito; il colore è un bel rosso leggermente tendente al carmine, ma luccicante. Suo figlio arriva trotterellando, brandendo un bastone trovato in giardino come un'immaginaria spada. Il bastone urta il tavolino, la boccetta di smalto oscilla, vola - in un tempo infinito - lungo le linee dettate dalla forza di gravità. Sul pavimento, si spacca. Tra i frammenti di vetro, lo smalto si allarga, lentamente, viscosamente. Il primo istinto di Elena è quello di prendere in braccio suo figlio, perchè non si tagli con le schegge sul pavimento. Poi rimane a fissare la macchia che si allarga.

Al centro, la macchia è più densa, mentre verso la periferia gli schizzi sono più sottili, complessi, intricati. Allo stesso modo, all'alba dei tempi, il big-bang da un punto denso, si è aperto e allargandosi ha dato via al tutto. E Elena e suo figlio, e la casa, e lo smalto, e Hume e il principio di causalità, e Proust e i suoi biscotti inzuppati di tè, e i gatti neri e i mutui, e i padri che se ne vanno, cosa sono? Semplici schizzi di un incidente primevo? Ma la macchia non si allarga per goccie. Si allarga per onde, lente, progressive. Non siamo il semplice risultato di un big-bang; non siamo goccie. Non siamo separati dal big-bang. Siamo il big-bang.

"Onde. Siamo come onde. Continue. Collegate. Siamo confini che si allargano."

Elena posa suo figlio, con uno sbuffo, lasciandolo tornare in giardino. E rimane, solo per qualche altro attimo, a fissare lo smalto che si allarga sul pavimento.


"The habit of looking to the future and thinking that the whole meaning of the present lies in what it will bring forth is a pernicious one. There can be no value in the whole unless there is value in the parts. Life is not to be conceived on the analogy of a melodrama in which the hero and heroine go through incredible misfortunes for which they are compensated by a happy ending. I live and have my day, my son succeeds me and has his day, his son in turn succeeds him. What is there in all this to make a tragedy about?"

Bertrand Russel, "The Conquest of Happiness"
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